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La Doccia

 
Xlater era completamente avvolto dal fumo, dall'altra parte del tavolo.

Raffy aveva notato che l'aroma sprigionato dalla pipa che Xlater con eleganza reggeva tra le dita, non aveva niente in comune con quel profumo di vaniglia e cioccolato che lei di solito associava al tabacco da pipa. Piuttosto, la faceva pensare a scenari mediorientali. Le evocava capanne di pastori siriani dove la dura e aspra carne di montone veniva bollita insieme a spezie piccanti ed erbe aromatiche, e i vapori oleosi che salivano dai pentoloni di rame andavano ad impregnare ed affumicare le foglie di tabacco invendute appese al soffitto, che dopo lunghi mesi di questo trattamento divenivano ingrediente pregiato per le miscele più ricercate.

In mezzo a quella fitta nebbia Raffy riusciva a malapena a scorgere gli occhi azzurri di Xlater, che la fissavano senza abbandonarla per un attimo.

Xlater stava parlando.

"...e così, hai delle fantasie erotiche nelle quali ti piace essere dominata..."

"Già. Ed è molto strano" Raffy si affrettò a precisare. "Nella realtà non accetterei mai situazioni di questo tipo... anzi, preferisco essere io a condurre il gioco... e di solito ci riesco."

"Mmmmh... è abbastanza tipico avere fantasie di questo genere..." il tono di Xlater era basso, lento e meditabondo "...per ragazze con il temparamento aggressivo come il tuo..."

Raffy scattò. "Piantala Xlater! Mi hai stufato con questa storia che sono aggressiva! Non è vero!" Ma il modo come si era espressa era in evidente contraddizione con quello che aveva appena detto. Raffy se ne rese conto subito, e l'imbarazzo fu ancora più doloroso quando si accorse che Xlater aveva spalancato gli occhioni e la stava fissando con un misto di innocenza e di ironia repressa.

Fu proprio in quel momento di debolezza che Xlater allungò le mani lunghe ed affusolate sul tavolo di legno e, aggirando i due boccali di birra ormai quasi vuoti, afferrò delicatamente le sue. Quel contatto le fece l'effetto di una scossa elettrica. Improvvisamente il fumo le sembrò ancora più denso e asfissiante. Il chiacchiericcio nella birreria affollata ancora più fastidiosamente rumoroso. Raffy guardò ancora quegli occhi che sembravano scrutarla direttamente nell'anima e vi si perse irrimediabilmente dentro.

* * * * *

"Maledizione!" imprecò Raffy fra se, ruotando inutilmente il rubinetto in un senso e nell'altro. Provò con gli altri rubinetti, ma non ottenne altro che arcane risonanze metalliche e lontani gorgoglii dal suono vagamente osceno. Neanche una goccia d'acqua. Sentì la rabbia montargli dentro. "Ora mi sentono..." mormorò minacciosa. Odiava rivestirsi senza fare la doccia, dopo l'allenamento in palestra.

Indossò frettolosamente il suo accappatoio rosa. Tutte le altre ragazze se ne erano già andate. "Diavolo!" pensò "proprio stasera che mi si è fatto tardi!". Uscì con passo marziale dallo spogliatoio e si diresse verso la segreteria della palestra, decisa a protestare con veemenza. Non trovò nessuno.

Girò un po' a caso per i vari locali. Non c'era anima viva. Le prese un po' di apprensione, mentre una ventata di fredda e umida aria autunnale, proveniente da una finestra aperta, le provocò un improvviso brivido.

"C'è qualcuno?" gridò. Le rispose il silenzio più assoluto. La rabbia era completamente sbollita, sostituita da una vaga sensazione di paura.

Allora sentì un rumore che subito la confortò e la riportò sulla terra. Un rumore metallico, di pesi che sbattevano l'uno contro l'altro. Un rumore così comune e banale in una palestra, che immediatamente si ritrovò a ridere delle sue assurde paure. "Ma certo che c'è qualcuno. Che sciocca!"

Si diresse verso la sala pesi. Ma arrivata alla soglia si bloccò.

"Dio mio! Quello è Manuel!"

Raffy non aveva mai incontrato Manuel di persona, ma la sua immagine le era perfettamente familiare. Le gigantografie che illustravano le sue vittorie nei campionati di bodybuilding, a livello nazionale ed europeo, decoravano a decine tutte le pareti della palestra.

Manuel era una vera e propria leggenda nell'ambiente. Era ammirato e riverito da tutti i ragazzi. Le ragazze gli morivano dietro. Era un costante argomento di discussione nello spogliatoio femminile. Perfino quelle ochette anoressiche del corso di "top-model", che Raffy detestava con tutto il cuore, non facevano altro che parlare di lui.

Per il gestore della palestra, Manuel era una fonte di promozione insostituibile, e lo lasciava libero di fare tutto quello che voleva, purché continuasse ad allenarsi lì. La sua notorietà attirava clienti di entrambi i sessi. Manuel aveva già fatto apparizioni in tv e qualche comparsata nel cinema. Era ricercatissimo per gli spot pubblicitari. Girava addirittura la voce che una nota cantante pop-star americana facesse carte false per averlo nel suo servizio d'ordine ogni volta che veniva in Italia, e che i suoi "servizi" non si limitassero a tenere a distanza i fan.

Raffy non era sorpresa da tutto questo. Molti altri bodybuilder che Raffy aveva visto avevano un fisico ridicolo. Sembravano degli attaccapanni con troppi cappotti sopra. Ma Manuel era un'altro pianeta. Aveva la linea e l'armonia di una statua greca. Era un corpo di una bellezza eccezionale. Raffy era costretta a riconoscerlo, anche se il personaggio le ispirava una certa antipatia.

E poi, il viso! Era bello come un dio, con quei capelli lunghi e biondi che durante gli allenamenti acconciava a coda di cavallo. E quei lineamenti così aggraziati. Perfino quando, come in quel momento, aveva il viso contratto nello sforzo.

Manuel si stava allenando davanti allo specchio, con la schiena rivolta verso la porta da dove Raffy lo stava osservando. Teneva in mano un bilanciere carico fino a curvarsi ("Sono almeno cento chili!" pensò Raffy dopo un rapido calcolo) e lo sollevava ripetutemente, descrivendo un semicerchio dalle cosce fino al mento, con la sola forza delle braccia.

Ripetizione dopo ripetizione lo sforzo era sempre più intenso, finché il bilanciere si bloccò a metà. Sembrava impossibile alzarlo di più. Manuel irrigidì tutti i muscoli del corpo, lancio' un urlo animalesco, e infine il bilanciere lentamente si sollevò arrivando alla fine del suo percorso. Manuel tentò un'ulteriore ripetizione, ma stavolta il peso non si alzò che di pochi centimetri.

Raffy rimase strabiliata quando vide che Manuel, dopo aver rimesso il bilanciere sul supporto, senza rifiatare un attimo, afferrò immediatamente due manubri e continuò lo stesso movimento, stavolta alternando il braccio destro e il sinistro. I due manubri erano complessivamente meno pesanti del bilanciere (venticinque? trenta chili l'uno?), ma Raffy sapeva che lei non sarebbe stata in grado nemmeno di smuoverli. I bicipiti di Manuel erano gonfi come due palloni da rugby. Continuò a fare su e giù come un indemoniato finché con una smorfia di dolore e un grido di disperazione non fu costretto a fermarsi, lasciando cadere i manubri rumorosamente a terra.

Raffy esitò qualche secondo, nel tentativo di vincere la timidezza, prima di rivolgersi al ragazzo che stava recuperando seduto su una panca, ansimante. Le uscì un'irriconoscibile vocetta acuta e stridula.

"Scusa...?"

Manuel si girò di scatto e la guardò con una certa sorpresa. Raffy farfugliò titubante: "Scusami... io dovrei... cioè... la doccia... di là... l'acqua non..."

"Ah, sì. Hai ragione" rispose Manuel. "Sono stato io a chiudere l'acqua dalla parte delle ragazze. Non credevo che ci fosse ancora qualcuno. Se devi farti la doccia puoi andare nello spogliatoio degli uomini. Tanto non c'è più nessuno."

Raffy provò a ribattere qualcosa, ma Manuel ormai si era girato e stava per ricominciare a torturare i suoi bicipiti. Rinunciò. Che diavolo! In fondo si trattava solo di riaprire un rubinetto nascosto chissà dove. Ma figuriamoci se si può distrarre sua maestà dal suo allenamento, pensò con stizza.

Rassegnata, prese le sue cose e varcò, con una certa emozione, la porta dello spogliatoio maschile. Frequentava la palestra da diversi mesi, ma in quel luogo per lei proibito non era mai entrata. Si guardò intorno con curiosità. Assolutamente niente di particolare. Le solite lunghe panche con i ganci attaccapanni. Chiazze di bagnato per terra. L'aria satura di umidità e di profumo di shampoo. Ma Raffy fu certa di avvertire anche un certo odore di sudore maschile che aleggiava in sottofondo. Si sentì vagamente eccitata.

Lo spogliatoio era completamente vuoto. Solamente in fondo, all'ultimo gancio, c'erano i vestiti e la borsa di Manuel. Jeans, camicia, una giacca di pelle. Incuriosita si avvicinò e... annusò. I vestiti erano impregnati dell'odore di Manuel. Si avvicinò ancora e annusò più forte. Riconobbe anche il profumo di un deodorante da poco prezzo, da supermercato. Manuel non aveva certo bisogno di raffinate eau de toilette per esercitare il suo fascino. Era sempre più eccitata.

Si riscosse. "Dai Raffy, che è tardi!" Si tolse l'accappatoio, entrò nuda nella doccia e aprì il rubinetto. Fu sorpresa dalla violenza del getto caldo che la colpì. Rifletté che tutta la potenza dell'impianto, abituato a sopportare anche venti docce aperte contemporaneamente, era concentrata sul suo rubinetto. La forza di quel getto d'acqua calda sul suo corpo era piacevole. Chissà, forse era per questo che Manuel aveva chiuso il rubinetto dello spogliatoio femminile.

In pochi secondi tutto l'ambiente fu invaso dal vapore. E nella fitta nebbia che la circondava, Raffy cominciò a fantasticare. Pensò che appena qualche minuto prima, nel punto esatto dove si trovava, era pieno di ragazzi nudi, quasi tutti bei fusti. Le sembrò quasi di vederli e di sentirli, nella nebbia, che mentre si lavavano parlavano di sport, di ragazze, si scambiavano battute volgari e barzellette sconce.

Le sarebbe piaciuto da impazzire entrare nello spogliatoio dei maschi quando era pieno di ragazzi. Spogliarsi tranquillamente. Senza dire una parola. Senza degnare nessuno di uno sguardo. Entrare sotto la doccia e lavarsi, come se fosse completamente sola. Lasciandoli tutti allibiti, stupefatti, incapaci di muoversi. Tutti a guardarla, immobili, con il cazzo dritto. Affascinati dalla sua nudità. Dalla sua indifferenza. Dalla malizia dei suoi gesti. Dalla perfezione seducente del suo corpo. Ma lei li avrebbe ostentatamente ignorati. Si sarebbe insaponata languidamente, indugiando sulle parti intime. Si sarebbe sciacquata con cura. E poi asciugata. E poi vestita. E poi via, sorridendo eterea, senza concedere a nessuno la minima attenzione. Avrebbe lasciato una ventina di bei ragazzi lì, congelati. Sconfitti. Soggiogati. Annichiliti. E tutti con una dolorosa e disperata erezione che non avrebbe trovato conforto.

Raffy si stava eccitando di brutto. La mano insaponata tornava sempre tra le sue cosce, più spesso di quanto anche la più accurata igiene intima richiedesse. I capezzoli si erano inturgiditi. Il respiro le si era fatto affannoso.

Poi pensò a Manuel. Pensò eccitata a quell'esercizio a cui aveva assistito. A quello sforzo sovrumano. A quell'abnegazione assurda. Quasi un sacrificio rituale di devozione a quella divinità che era il suo stesso corpo. Il suo corpo... mmmh... Dio mio, era proprio bono. Non doveva essere per niente male trovarsi a letto con...

Improvvisamente se lo trovò davanti.

La sua sagoma emerse dalla nebbia. Immensa. Torreggiante. Era completamente nudo. In tutto il suo splendore divino.

Come era possibile non averlo sentito? Era troppo assorta nelle sue fantasie, evidentemente.

Le passò a mezzo metro di distanza, lasciando dietro di se la scia del suo sudore fresco. Era visibilmente stanco. Si diresse all'ultimo rubinetto e apri l'acqua accogliendo con un sospiro di piacere il getto caldo sui suoi muscoli indolenziti.

Raffy restò immobile a guardarlo. Manuel aveva sciolto i suoi capelli biondi, che ora gli ricadevano sulle spalle. Non riusciva a staccare gli occhi dal suo torace possente, le spalle ampie, la vita sottile, i glutei torniti, le cosce, i polpacci. Ogni particolare di quel corpo era perfetto. Anche la sua virilità, pur in evidente stato di riposo, aveva la sua bellezza e la sua armonia, e Raffy la studiò con particolare interesse. Era bello. Era tutto bello. Impossibile non sentirsi attratta da quell'uomo.

Improvvisamente Raffy si sentì conscia della sua nudità. Manuel l'aveva completamente ignorata, ma lei provò comunque un certo imbarazzo. Chiuse il rubinetto e stava per dirigersi in fretta verso l'accappatoio appeso, quando Manuel la chiamò.

"Ehi! Ti dispiacerebbe insaponarmi la schiena?" le disse porgendole il flacone di doccia-schiuma. Raffy non fu in grado di elaborare una risposta. Si limitò ad afferrare il flacone, mentre Manuel si girava voltandole le spalle.

La schiena di Manuel era ampia quanto un aeroporto. Raffy ne era impressionata. Con le mani tremanti per l'emozione e l'eccitazione, si versò una ricca dose di bagnoschiuma sul palmo della mano. Cominciò dal collo e dalle spalle possenti, massaggiando delicatamente con le mani insaponate. Poi lentamente scese sempre più in basso.

Il corpo di Manuel le dava una sensazione strana al tatto. Era diverso dai corpi che conosceva. Poteva sentire la rigidità dei muscoli appena sotto l'epidermide sottile. Era come... una specie... di che? Raffy ci pensò. Un cazzo in erezione! Manuel era tutto duro come un gigantesco cazzo eretto. Questo pensiero le provocò una vampata d'eccitazione, mentre continuava a strofinare le mani contro quella schiena muscolosa.

Era arrivata all'altezza della vita. Incredibilmente sottile se paragonata all'ampiezza mostruosa delle spalle. Sospirando cominciò ad insaponargli i glutei sodi. Manuel aveva anche un bel culo. Arrivò a passargli la destra nel solco tra le natiche, insaponandogli il buco. Manuel non reagì.

Continuò a massaggiargli e lavargli la schiena. Era talmente assorta in quel compito che sussultò quando Manuel parlò.

"Mi piace il tocco delle tue mani. E' morbido, rilassante. Dai, insaponami anche davanti."

Detto questo si girò, e Raffy si ritrovò con gli occhi all'altezza dei suoi pettorali. Si sentì ancora più piccola ed insignificante al cospetto di quel gigante. Annuì frettolosamente il suo assenso e si chinò a versarsi sul palmo un'altra massiccia dose di bagnoschiuma.

Di nuovo cominciò dall'alto, massaggiando il collo e le spalle. Provava maggiore imbarazzo, ora che lui era girato verso di lei. Continuava a fissare quel viso stupendo, in cerca di uno sguardo, di un cenno di approvazione per come stava svolgendo il suo compito. Ma Manuel rimaneva con gli occhi chiusi. La sua espressione esprimeva contemporaneamente la stanchezza per il massacrante allenamento e il sollievo che il getto d'acqua calda sulla sua schiena e le mani delicate di lei sul suo corpo (Raffy sperava) gli stavano donando.

Raffy gli insaponò con gusto il torace ampio, gli addominali scolpiti. Si dedicò con cura alle sue braccia enormi. Lo insaponò diligentemente sui fianchi fin sotto le ascelle.

Restò un attimo titubante, poi decise di abbandonarsi all'istinto e mise le sue mani delicatamente sui genitali di lui. Cominciò lentamente a massaggiare ed insaponare il cazzo e le palle di Manuel. Raffy osservava attentamente il volto, in attesa di un segnale di apprezzamento, o di diniego. Ma l'espressione di Manuel non cambiò di un millimetro.

Tuttavia le sue carezze stavano provocando una reazione. Raffy sentiva tra le sue mani che il cazzo si stava inturgidendo. E cresceva. Cresceva. Raffy si sentì il cuore a mille dall'eccitazione. La sensazione di quel cazzo che lievitava tra le sue mani insaponate era sublime.

Quando il cazzo raggiunse il massimo dello splendore, puntando decisamente verso l'alto, Raffy non poté trattenere un breve gridolino di ammirazione. Quel cazzo era perfettamente proporzionato al resto del corpo. E cioè enorme. Giusto cosi', penso' compiaciuta. Un cazzo di dimensioni medie, o anche di poco superiore alla media, avrebbe fatto una figura ridicola in mezzo a quelle masse muscolari. Cosi' invece era perfetto. Raffy continuò a massaggiarlo deliziata con le mani.

Nel frattempo il vapore si era fatto ancora più fitto. Non si distinguevano le pareti intorno a loro. Persino il getto d'acqua sembrava provenire da chissà dove. In tutto l'universo c'erano solo lei e Manuel, circondati dalle nuvole. Questo scenario l'aiutava ad accettare l'assurdità' di quello che stava accadendo. Proprio lei, che tutti consideravano la classica "brava ragazza", seria e studiosa. Non avrebbe mai pensato possibile di trovarsi nuda, nelle docce dei maschi, servizievolmente impegnata a lavare (e massaggiare, e accarezzare) il cazzo e le palle di un ragazzo che nemmeno conosceva. Ma quell'ambientazione ultraterrena la aiutava non poco ad ammettere a se stessa di essere estremamente eccitata da quella situazione incredibile, e che la sensazione di quel cazzo enorme e duro tra le mani la stava facendo morire di libidine.

E avrebbe continuato ad accarezzarlo all'infinito, se Manuel non l'avesse interrotta.

"Lo shampoo, ora."

Raffy abbandonò malvolentieri la presa sulla sua preda. Ma, da brava e devota ancella, ubbidì. Prese l'altro flacone, versò lo shampoo sul palmo della mano e cominciò ad insaponare i lunghi capelli biondi di Manuel. La statura notevole del giovane rendeva l'operazione abbastanza scomoda. Raffy era costretta ad alzarsi sulla punta dei piedi e a premere con il suo corpo contro quello di lui. Ma quest'ultima incombenza era tutt'altro che spiacevole. Era molto eccitante per Raffy sentire il cazzo turgido strusciarsi contro il suo pancino, mentre lei aveva modo di strofinare i suoi capezzoli induriti e sensibilissimi contro il suo torace.

Inoltre gli piaceva affondare le dita in quei lunghi capelli biondi, e, con la scusa, accarezzargli la testa, le orecchie, il volto. Stava divertendosi ed eccitandosi sempre di più a fare da servetta a quel bellissimo ragazzo e affrontava ogni suo compito con crescente entusiasmo.

Manuel arretrò il suo corpo di qualche centimetro per portare la testa sotto il getto dell'acqua, e con l'aiuto delle diligenti mani di Raffy si liberò di ogni traccia di shampoo tra i capelli. Allora disse "Bene. Le gambe, adesso."

Raffy mormorò, timida e obbediente, un "sì", e senza pensarci un attimo si inginocchiò davanti al suo padrone. Dopo aver di nuovo attinto al bagnoschiuma passò le sue mani, ormai esperte, sulle cosce, le ginocchia, i polpacci. Con un gesto gli fece staccare i piedi da terra e li lavò con cura, poggiandoseli, uno alla volta, tra le tette. In quei momenti, accovacciata a terra, la testa del gigante si perdeva tra la nebbia e Raffy non era in grado di capire se Manuel la stava guardando o se continuava a tenere gli occhi chiusi.

Dopo aver lavato con la massima cura i piedi, Raffy dedicò un'altra tornata alle gambe, stavolta dal basso verso l'alto. E alla fine non riuscì a trattenersi e tornò a massaggiare il cazzo del giovane.

Sebbene le mani di Raffy fossero ancora insaponate, la scusa del lavaggio non reggeva più. Raffy stava esplicitamente masturbandolo, facendo scorrere lentamente la mano destra lungo l'asta tesa e accarezzando morbidamente le palle con la sinistra.

Nella sua posizione genuflessa, Raffy aveva il cazzo del giovane a pochi centimetri dal viso e se lo studiava affascinata. Era eccitatissima e si sorprese a sentir crescere dentro di sé la voglia di prenderlo in bocca. La sua lingua si agitava disperata intorno alle labbra. Non le era mai successo di provare una cosa del genere.

Improvvisamente il getto d'acqua calda che proveniva dalla doccia la colpì violentemente sul volto. Sentì l'acqua entrargli negli occhi, nel naso, nella bocca che per l'eccitazione stava tenendo socchiusa. Si agitò, tossì, mentre con un occhio semichiuso riuscì a distinguere Manuel che con le mani stava orientando il getto. Perché le aveva fatto questo? Perché il padrone le aveva inflitto quella punizione? Cosa aveva sbagliato? Sentì la gola stringersi e gli occhi bruciare come se fosse prossima al pianto.

Poi capì. Manuel aveva semplicemente sbagliato mira. Ora infatti aveva diretto il getto nella direzione giusta, verso il proprio cazzo eretto e verso le mani di Raffy che lo stavano accarezzando, con l'evidente intenzione di sciacquarlo.

Nel giro di pochi secondi ogni traccia residua di sapone era scomparsa dal cazzo di Manuel. Raffy non riusciva a staccare gli occhi da quell'arnese meraviglioso che teneva tra le sue mani, durissimo, enorme, orgogliosamente proteso verso l'alto, reso brillante dalle goccioline d'acqua che lo percorrevano.

"Ora è pulito... puoi baciarlo e leccarlo..."

Raffy annuì compita, rivolgendogli un timido sorriso.

Non c'era il minimo dubbio. Quello era un regalo, un omaggio, un premio, che il Padrone stava offrendo alla sua devota ancella, per ricompensarla delle mansioni svolte. E Raffy accettava con immensa gioia quel dono.

Cominciò a leccare le palle con devozione, continuando a masturbarlo lentamente con una mano. Le sembrò l'atto più adeguato alla situazione. Con gli occhi chiusi, sospirando, si concentrò sulla sensazione della pelle del grosso sacco del giovane sulla sua lingua. Percorse con dovizia ogni millimetro quadrato, e poi si accucciò tra le gambe di lui per omaggiare la parte inferiore, arrivando con la punta della lingua a sfiorare l'ano.

Poi, l'opera adorante della sua lingua si dedicò al grosso e lungo cazzo. Era talmente rigido che Raffy non riusciva a muoverlo con le mani, ed era costretta a spostarsi con tutta la testa ad ogni tenera leccata che dava. Quando fu il momento atteso di prenderlo in bocca, Raffy capì che non poteva restare in ginocchio. Manuel era troppo alto, il suo cazzo troppo lungo e così rigidamente teso verso l'alto, che piegarlo per farlo arrivare all'altezza delle sue labbra avrebbe significato forzarlo dolorosamente verso i suoi incisivi superiori.

Si alzò in piedi e chinò in avanti il busto. Molto meglio così. Ora l'ingresso della sua cavità orale era perfettamente in linea con il cazzo di Manuel. Passò la lingua diverse volte attorno alla grossa cappella e, senza indugiare oltre, spalancò le labbra e si abbassò per inserirsela nella bocca. Rimase un attimo ferma, a familiarizzare con la sensazione di quella prepotente invasione della sua intimità orale. Poi, impercettibilmente, comincio un lento movimento di su e giù con la testa, lasciando scivolare le labbra su quel grosso pene e sfiorandolo delicatamente, dentro la bocca, con la lingua.

Raffy non poteva certo definirsi un'esperta nell'amore orale. L'ultima esperienza di quel tipo risaliva a diversi anni prima. Con gli ultimi ragazzi, quelli con cui aveva avuto una relazione importante, non era mai andata oltre il semplice amplesso, e spesso nelle posizioni più scontate e banali. Pesava, in questo, la sua reputazione di "brava ragazza", di "ragazza seria", che lei si sforzava di mantenere nella vita di tutti i giorni. Ma che purtroppo la seguiva come una maledizione anche in camera da letto. La sua fantasia le suggeriva di continuo variazioni, giochini strani, trasgressioni più o meno innocenti. Ma sapeva che i suoi partner avrebbero reagito increduli e stupefatti a ogni sua proposta in tal senso, mandando a monte l'atmosfera.

Diverse volte aveva sentito la tentazione di offrire la bocca al suo ultimo ragazzo, e l'aveva repressa. Quell'atto aveva sempre esercitato su di lei una strana attrazione. Forse perché sapeva che i ragazzi lo apprezzavano particolarmente. Forse per il contatto casi diretto e ravvicinato che offriva con le zone intime maschili. O forse perché era proprio l'atto proibito e impuro che nessuno si sarebbe aspettato da una ragazza seria, brava e morigerata come lei.

Ma se l'idea l'aveva sempre stuzzicata, in quel momento, con il cazzo di Manuel che le riempiva la bocca, stava facendo i conti con la sorprendente fisicità della cosa. Quel membro smisurato, che la costringeva a tenere le fauci spalancate, le stava regalando momenti sublimi. La sensazione della bocca piena, così appagante per tutta una serie di bisogni primordiali, si mescolava al soddisfacimento dell'istinto di suzione, che ognuno si porta appresso fin dalla nascita, e alla impressione sconcertante di venir violati e posseduti nella testa, proprio lì dove tendiamo a collocare il nostro io, a pochissimi centimetri dal cervello stesso.

Raffy era talmente eccitata da essere sicura che sarebbe riuscita a venire anche così, semplicemente succhiando il cazzo di Manuel. E stava golosamente godendosi quelle sensazioni deliziose, manifestando il suo piacere con piccoli gemiti. Ma lo scenario cambiò di nuovo.

Manuel si chinò leggermente in avanti. Raffy sentì che poneva le mani sui fianchi di lei. Senza sforzo apparente, la sollevò da terra portandola verso di sé. Raffy fece appena in tempo a staccarsi dal cazzo, prima di ritrovarselo inchiodato in gola, ed espresse la sua sorpresa con una serie di brevi gridolini quando si ritrovò sospesa nell'aria a testa in giù, con la schiena rivolta verso il torace dell'uomo.

Manuel la maneggiava come un fuscello, e non c'era da meravigliarsene, dato che Raffy stessa l'aveva visto allenarsi con un bilanciere pesante quasi il doppio del suo corpo. La teneva saldamente per i fianchi. Prima la fece ruotare, sempre tenendola a capo sotto, per rivolgerla verso di lui. Poi, con la stessa indifferenza con cui chiunque si porta alle labbra un panino al prosciutto, avvicinò la figa di Raffy alla sua bocca.

Nel frattempo Raffy, sbatacchiata di qua e di la', era riuscita a stabilizzarsi afferrando saldamente il cazzo eretto di lui. E, con una dolorosa contorsione del collo, era riuscita a rimetterselo avidamente in bocca, tornando a succhiare.

Si accorse che Manuel aveva cominciato a leccarla. Passava la sua lingua ruvidamente su tutta la figa. Era evidente che non stava cercando di darle piacere. La stava semplicemente assaggiando. Come si assaggia un frutto maturo.

Ma la sensazione della lingua di Manuel tra le cosce fu comunque la goccia che fece traboccare il vaso della sua eccitazione. Un vaso già abbondantemente colmo. Della presenza meravigliosamente ingombrante del grosso cazzo di Manuel nella sua bocca. Della bellezza intossicante di quel giovane. Del piacere perverso che le provocava il suo ruolo di ancella servile e sottomessa. Dell'emozione di sentirsi un piccolo oggetto insignificante tra quelle braccia possenti. Dal sentirsi costretta in quella posizione così scomoda e assurda di sessantanove acrobatico con la testa in giù. Dell'ambientazione irreale generata dal vapore. E soprattutto della sua ribollente sessualità repressa che trovava finalmente uno sfogo adeguato.

L'orgasmo esplose dentro di lei violentemente, costringendola ad urlare senza contenersi e lasciandola stordita, confusa, con il cuore in gola e le membra tremanti.

Ma Manuel non le diede molto tempo per riprendersi. Di nuovo cominciò a sbatacchiarla tra le sue braccia forzute fino a riportarla in posizione verticale, sempre tenendola sospesa da terra. Le fece cenno di avvinghiarsi con le braccia al proprio collo e manovrò il corpo di lei per impalarselo sul proprio membro virile. Raffy, malgrado la testa che le girava e i postumi dell'orgasmo, ebbe la presenza di spirito di staccare un braccio dal collo taurino di Manuel e afferrargli con una mano il cazzo, in modo da dirigerlo correttamente all'ingresso della propria vagina. Fece appena in tempo. Subito Manuel se la tiro' contro il proprio ventre, aggiungendo la forza notevole delle sue braccia a tutto il peso del corpo di Raffy. In un sol colpo tutto quel cazzo enorme la penetrò nella fica strappandole un grido di dolore. Senza alcun riguardo, reggendola e stringendola con le mani sulle sue chiappe, Manuel cominciò a pompare con il bacino, sbattendola contro di se a tempo e penetrandola fino alla radice ad ogni colpo.

Erano sensazioni completamente nuove per Raffy. Non aveva mai provato un cazzo di quelle dimensioni. Malgrado fosse abbondantemente lubrificata dalle proprie secrezioni, sentiva distintamente la frizione del cazzo di Manuel che dilatava le sue pareti interne. La sua lunghezza era tale che la cappella gonfia e turgida la esplorava in profondità, laddove nessun uomo era mai arrivato prima, dandole sensazioni inimmaginabili. E anche la parte esterna della sua femminilità, che da sempre Raffy considerava la fonte principale dei suoi piaceri erotici, veniva stimolata in maniera del tutto inedita, picchiando violentemente, a ogni colpo, sul ventre marmoreo di lui.

Ma non c'era verso di fare paragoni. Fino a quel momento, semmai, le era capitato di fare l'amore. Ora Manuel se la stava scopando. C'era un mondo di differenza. E in quel momento Raffy si rendeva conto da quanto tempo, con quanta intensità, desiderasse finalmente essere scopata, presa, posseduta. Sentì un impeto di commossa gratitudine per quel selvaggio padrone, che abusando di lei come fosse un oggetto senza valore, le stava donando qualcosa di cui sentiva un profondo bisogno.

Espresse la sua riconoscenza slinguazzando, un po' a caso, sulla faccia di Manuel. Come un cagnolino affettuoso, baciava il suo padrone sulle labbra, sul naso, sulle guance. Ma non riuscì a farlo a lungo.

Arrivò infatti per Raffy il primo di una serie interminabile di orgasmi intensi, vibranti, dolorosamente ravvicinati, che Manuel ignorò continuando a fotterla senza pietà. Raffy, nell'estasi dei sensi, non riusciva più a controllare i muscoli del collo e la sua testa sbatteva qua e là al ritmo dei colpi dell'uomo, accentuando la sensazione di abbandono totale.

Proprio quando, orgasmo dopo orgasmo, le sembrava di essere sull'orlo della follia, Manuel raggiunse finalmente il proprio piacere. Raffy sentì il suo corpo che si irrigidiva a contatto del proprio. Manuel accelerò (per quel poco ancora possibile) l'intensità delle sue bordate e quindi emise un gemito strozzato, quasi impercettibile se confrontato agli urli selvaggi dei suoi allenamenti. Raffy avvertì il suo grosso cazzo pulsare dentro di lei mentre le schizzava il suo seme, donandole in questo modo un ultimo devastante orgasmo. In quel momento di estasi arrivò addirittura a desiderare di non essere sotto pillola per venire ingravidata da quello stupendo animale maschio, mentre l'ultimo bagliore di razionalità rimasta le urlava, da mille miglia di distanza, "Ma sei scema!?"

Rimasero per qualche secondo avvinghiati l'uno all'altra ansimanti. Raffy era sempre sollevata da terra e aggrappata a lui. Sentiva gli occhi che le lacrimavano copiosamente. Piangeva. Piangeva di piacere. Piangeva di gioia.

Manuel la ridepositò delicatamente a terra. Ma Raffy, ancora scossa dai tremiti dell'orgasmo, non riuscì a tenersi ritta in piedi e crollò mollemente sul pavimento. Si ritrovò con il viso a pochi centimetri dai piedi di Manuel.

Allora, seguendo una pulsione istintiva che proveniva dal profondo del suo essere, cominciò a baciarglieli e a leccarglieli.

Nemmeno quel gesto sembrò sorprendere Manuel, che si limitò a restarsene ritto impassibile ad accettare gli onori e l'adorazione che gli tributava la sua ancella.

Poi parlò. "Solamente il giovedì mi alleno di sera. Di solito mi alleno la mattina. Fatti trovare giovedì prossimo a quest'ora. Saremo ancora soli. Farò in modo che nessuno ci rompa le scatole".

Raffy non si preoccupò di rispondere. Il gesto estremo di sottomissione con cui lo stava omaggiando, facendo scorrere devota la lingua sui piedi di lui, era una risposta sufficientemente esplicita. Sarebbe tornata il giovedì prossimo, e tutti i giovedì successivi, a recitare il ruolo di ancella diligente, di schiava sottomessa, di oggetto sessuale votato al piacere del suo padrone. Almeno finché lui lo avrebbe desiderato.

"Certe volte, quando mi alleno di sera, dopo faccio fatica a prendere sonno. Tu mi potrai aiutare a scaricarmi e a rilassarmi..."

E già... pensò Raffy, continuando a leccare e baciare i piedi e le caviglie di Manuel. Sono diventata una voce della sua tabella d'allenamento. Giovedì sera: cosce, addominali, bicipiti e doccia rilassante con la schiava. Ma a Raffy stava bene. In una vita in cui lottava ogni giorno per primeggiare, per ottenere dagli altri rispetto e ammirazione, per essere sempre la più brava della classe, in un contesto stressante e competitivo che si ripercuoteva negativamente anche nei momenti intimi dei suoi rapporti sentimentali, quell'esperienza di sottomissione a quella specie di stupendo supermaschio rispondeva perfettamente alle sue necessità più profonde e più represse. Una sera alla settimana. Le sembrò in fondo una dose ragionevole. Per il resto della settimana avrebbe continuato la sua vita normale. Va bene così. Si sentì soddisfatta e aggiunse un pizzico di ulteriore entusiasmo al suo lavoro di lingua sui piedi del giovane.

"Dimmi, come ti chiami?"

"Raffy" sussurrò lei timidamente.

"Molto bene, Raffy. Ora asciugami" le ordinò, porgendole un asciugamano celeste.

* * * * *

Raffy si sentì improvvisamente stordita. La nebbia che la circondava non aveva più l'odore di shampoo e di bagnoschiuma. Ma un aroma strano. Mediorientale. Una capanna di pastori siriani dove bolliva un pentolone di carne di montone, dura e aspra, condita con spezie piccanti e erbe aromatiche.

Dalla nebbia emersero di nuovo gli occhi azzurri di Xlater che la fissavano incuriositi. Le mani di lui si staccarono da quelle, tremanti, di Raffy. Xlater recuperò quella specie di piccolo attrezzo massonico che teneva sempre con se quando fumava, e lo utilizzò per pressare il tabacco dentro la pipa, aspirando contemporaneamente con la bocca, con una grazia ed un'eleganza che rivelavano quanto quel gesto fosse per lui familiare. I suoi occhi continuavano a fissarla.

Raffy abbassò lo sguardo. Aveva il ancora il fiato corto. Sussurrò "Dio mio... sono sconvolta!"

"Ti è piaciuto?" Le chiese Xlater.

"Da pazzi!" sussurrò lei, tutto d'un fiato.

"E questo è niente. Non sai cosa ti aspetta." La voce di Xlater era lenta, cantilenante, vagamente ipnotica "Giovedì prossimo Manuel non sarà solo ad allenarsi... Avrà per ospiti due bodybuilder americani suoi amici, che sono in Italia per un film" Raffy spalancò gli occhi.

Xlater continuò "...e sono entrambi giganteschi, muscolosi, bellissimi, e molto, molto ben dotati, soprattutto quello di colore. Dovrai fare la doccia con tutti e tre insieme. Che te ne pare?" Raffy, con lo sguardo perso nel vuoto, affondò sensualmente gli incisivi nel labbro inferiore ed emise un sospiro più eloquente di qualsiasi risposta.

"...ma per questa sera credo che basti così..." concluse Xlater

"Hai ragione. Si è anche fatto tardi. Accompagnami a casa, per favore, Xlater!"

Xlater poggiò delle banconote sul tavolo di legno, bloccando con un gesto deciso Raffy che stava recuperando il suo borsellino dalla borsetta. Si diressero verso la porta.

Appena fuori, respirarono entrambi a pieni polmoni la fredda e umida aria serale. Una leggera nebbia aleggiava per i vicoli di Trastevere.

"Sembra che abbia spiovuto..." notò distrattamente Xlater.

"Meno male!" rispose Raffy. "Non so se avrei resistito ad un'altra doccia...!"

Ridendo si infilarono nella Rover di Xlater. L'auto partì e sparì nella notte.

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